Massima istituzione politica medioevale,
che si espresse principalmente, per attività ed estensione, tra il IX e
il XIII sec.; fu protagonista di grande importanza nella storia europea fino al
XV e XVI sec., perpetuandosi, benché solo formalmente, fino al 1806. I
territori che costituirono, nelle varie epoche, l'Impero furono quelli francesi,
germanici, italiani e della Spagna settentrionale, con un progressivo
spostamento del baricentro della compagine verso i nascenti Stati dell'Est,
Polonia, Boemia e Ungheria, e un'essenziale identificazione del soggetto statale
con l'area romano-germanica. Nonostante la locuzione
S.R.I. fosse stata
elaborata dalla cancelleria imperiale solo durante il XII sec., anche in
funzione della polemica antipapale, la storiografia se ne è valsa per
identificare in senso unitario e continuativo l'istituzione di potere che, a
partire dall'epoca di Carlo Magno, rivendicò e cercò di esercitare
il diritto di governo sulla cristianità. • St. -
L'Impero
carolingio (
800-887): tradizionalmente si indica come data di
fondazione del
S.R.I. quella dell'incoronazione di Carlo Magno a Roma,
per mano del pontefice Leone III, la notte di Natale dell'anno 800.
Benché fosse evidente la volontà di collegare il nuovo Impero con
quello romano, in Occidente vi era stata una netta soluzione di
continuità tra le due istituzioni, a differenza di quanto era accaduto
per i Bizantini. Gli antefatti storici alla costituzione del Regno di Carlo
Magno furono l'affermazione tra i Franchi della dinastia merovingia
(V. MEROVINGI), che con Clodoveo introdusse in
quel popolo il Cristianesimo ortodosso in luogo dell'Arianesimo, e quella dei
maestri di palazzo carolingi che, con Pipino il Breve, divennero re a
metà dell'VIII sec. Pochi decenni dopo, il sostanziale abbandono della
penisola italiana da parte dei Bizantini, fece sì che il papa si
rivolgesse a Carlo Magno per ottenere difesa dall'offensiva territoriale dei
Longobardi contro il Patrimonio di san Pietro (V.
PONTIFICIO). Tale intervento guadagnò al re franco dapprima il
titolo di
patricius romanus e in seguito l'appoggio del Papato al suo
progetto imperiale. Presupposti culturali del
S.R.I. furono da un lato
l'assioma della fondamentale unità del genere umano (di origine stoica ma
affermatasi col Cristianesimo), che implicava la necessità di un monarca
universale dotato di ecumenica autorità, dall'altro il concetto di
imperium christianum alla cui guida doveva porsi una figura che
coniugasse sia la tradizione biblica (
rex et sacerdos) sia quella
germanica del condottiero militare. La commistione nella medesima persona della
funzione politico-militare con quella sacrale risultò dunque rafforzata
da tanti e tali fattori, facendo dell'imperatore il naturale difensore della
cristianità e della Chiesa stessa. Risulta evidente allo storico il
conflitto potenziale, presente sin dagli albori dell'Impero, di una tale
istituzione politica che, mirando a garantire unità e coordinamento
all'intera comunità dei fedeli, non riusciva però a distinguere
nettamente la sfera di azione e di diritto del papa e dell'imperatore, ciascuno
dei due rivendicando a sé una posizione superiore a quella dell'altro; se
Carlo Magno intendeva esercitare la suprema autorità
in
temporalibus sul popolo cristiano inquadrato nell'Impero universale (e
dunque anche sul papa), ugualmente il papa, mediante il gesto
dell'incoronazione, significava la volontà di subordinare alla propria
supremazia spirituale il potere laico dell'imperatore. Qui stava in germe
l'antagonismo che sfociò secoli dopo nella lotta per le investiture
(V. INVESTITURA) o nelle secolari guerre tra
guelfi e ghibellini (V. GUELFI E GHIBELLINI).
D'altra parte, il titolo di imperatore romano e l'aspirazione al governo
dell'intera cristianità erano ugualmente rivendicati dagli imperatori
d'Oriente, fatto che implicò la loro ostilità verso Carlo Magno in
un conflitto che terminò solo nell'812. I territori controllati dai
Carolingi giungevano allora fino alla costa veneziana e dalmata, mentre
l'imperatore di Bisanzio dovette riconoscere al nuovo imperatore uno
status paritario al suo (
imperator e
basileus). Per quanto
riguardava, infine, le altre monarchie occidentali, il titolo imperiale
sembrò indicare una loro soggezione almeno formale, anche se non erano
ben chiari gli effetti reali di tale subordinazione. L'Impero si estendeva, da
Est a Ovest, dai fiumi Elba e Danubio fino al fiume Ebro quando, alla morte di
Carlo Magno nell'814, Ludovico, detto il Pio, lo ereditò interamente, ma
solo grazie alla morte dei fratelli. Infatti, secondo il diritto germanico,
l'Impero avrebbe dovuto essere diviso tra i figli dell'imperatore, come se fosse
un suo possesso personale. Per questa ragione Ludovico si premurò,
nell'817, di emanare la cosiddetta
ordinatio imperii, con la quale si
stabiliva che il titolo e la dignità imperiale spettassero al suo
primogenito Lotario, mentre gli altri due figli avrebbero ereditato solo dei
piccoli territori periferici. Sia Ludovico sia, in seguito, Lotario ricevettero
la Corona imperiale da pontefici sulla cui elezione non avevano potuto influire;
nell'824, quando era ancora solo re d'Italia, Lotario intese esercitare maggiori
prerogative in tal senso, promulgando la
constitutio romana che vincolava
i candidati al soglio pontificio a pronunciare prima dell'investitura un
giuramento di fedeltà all'imperatore. Tuttavia, una volta imperatore
(840), Lotario non riuscì a conservare, oltre al titolo, anche
l'unità dell'Impero; i fratelli Ludovico e Carlo il Calvo, infatti, dopo
averlo sconfitto a Fontenoy nell'841 gli imposero una spartizione, regolata dal
Trattato di Verdun (843). Carlo ottenne il controllo della parte occidentale
(Marca spagnola, Guascogna, Burgundia, Aquitania e i territori dell'antico Regno
franco), Ludovico, detto il Germanico, di quella orientale (Carinzia, Baviera,
Alamannia, e i territori del Regno di Germania), mentre Lotario mantenne per
sé l'Italia, la Provenza e le terre comprese tra l'arco alpino e il Mare
del Nord (donde il nome di
Lotaringia e poi di
Lorena della
regione). Il titolo imperiale rimase da allora ereditario e connesso alla Corona
d'Italia, così come al privilegio e dovere di protezione e difesa della
città di Roma, individuata come fulcro dell'identità spirituale e
politica della cristianità. Tuttavia i problemi dovuti alle divisioni
ereditarie non cessarono: alla morte di Lotario il Regno centrale venne
ulteriormente ripartito tra i suoi figli, fatto che li espose agli attacchi di
Carlo il Calvo e Ludovico (quest'ultimo ottenne infine la Lotaringia come
stabilmente connessa al Regno dei Franchi orientali). Imperatore fu comunque il
primogenito di Lotario, Ludovico II (855-875), alla cui morte, per mancanza di
eredi diretti, il titolo tornò con Carlo il Calvo al ramo occidentale
(875-877). Alcuni anni più tardi, ma solo per una casuale e concomitante
vacanza di discendenti nelle diverse linee ereditarie, il titolo imperiale e
tutti i territori dell'Impero carolingio furono riuniti nelle mani di Carlo il
Grosso, ultimo figlio di Ludovico il Germanico, imperatore dall'881 all'887. In
breve però questi venne costretto ad abdicare dapprima dai grandi
feudatari tedeschi e poi da quelli francesi, che ratificarono in tal modo la
netta separazione tra i territori occidentali e orientali dell'Impero, che non
si riunirono più. ║
Il frazionamento politico dell'Europa
postcarolingia (
887-962): la crisi dell'Impero produsse profondi
cambiamenti nella geografia europea, entro cui si distinsero i Regni, tra loro
indipendenti, dei Franchi occidentali, orientali, di Italia, di Borgogna e di
Provenza. Il titolo di imperatore, benché sempre conteso tra i vari
monarchi, si ridusse a mera onorificenza e quando, con la dinastia degli Ottoni
(V. OTTONIANO), recuperò poteri effettivi
su più organismi politici, si caratterizzò in senso nettamente
germanico. Mentre la Corona di Francia, contesa nel X sec. tra i discendenti
Carolingi e la nuova famiglia dei Capetingi, si emancipò definitivamente
dal
S.R.I., le vicende del Regno italico e di quello dei Franchi
orientali rimasero a esso connesse. In Italia la deposizione di Carlo il Grosso
produsse un lungo periodo di instabilità, durante il quale la Corona
italica e il titolo imperiale ebbero decine di pretendenti. Nell'887 vi aspirava
Berengario I, nipote di Ludovico il Pio e duca del Friuli, ma su di lui prevalse
Guido, duca di Spoleto, e poi suo figlio Lamberto; questi perse la
dignità di imperatore nell'896 a favore di Arnolfo di Carinzia,
incoronato da papa Formoso, discendente di un ramo cadetto dei Carolingi e re di
Germania dall'887. In Italia, tuttavia, morto Lamberto (898), il Regno fu
nuovamente rivendicato da Berengario, contro il quale però i grandi
feudatari italici chiamarono il re di Provenza Ludovico III. Questi ottenne il
titolo imperiale, vacante dall'896, nel 901, ma pochi anni dopo fu estromesso
dalla scena italica da Berengario che lo vinse in uno scontro militare (905).
Solo nel 915 Berengario poté essere incoronato a Roma da papa Giovanni X,
ma, inviso ai grandi feudatari per le sue istanze centraliste, venne assassinato
nel 924, mentre si riproponeva la contesa per i due titoli: li ottennero Rodolfo
di Borgogna (924-926), Ugo di Provenza (926-947), suo figlio Lotario (947-950) e
quindi il suo ministro, Berengario II marchese di Ivrea (950-961). L'evidente
precarietà nella conduzione del Regno, peraltro sempre minacciato dalle
invasioni saracene e ulteriormente destabilizzato dalle interferenze del
pontefice e di forze esterne alla penisola (come dimostra la reiterata presenza
in Italia di monarchi borgognoni e provenzali), fu insieme causa ed effetto di
una scarsissima coesione interna tra i vasti domini che si erano creati nel
territorio italico. Anche grazie a un tale frazionamento fu possibile al sovrano
della casa di Sassonia Ottone I acquisirne il controllo e, con esso, il titolo
imperiale. ║
Il S.R.I. germanico (
887-1308): dopo Arnolfo di
Carinzia (887-899) e suo figlio Ludovico il Fanciullo (899-911), l'assemblea dei
notabili, sia laici sia ecclesiastici, del Regno orientale elesse come re il
duca di Franconia Corrado I e, dopo di lui, il duca di Sassonia Enrico I. In tal
modo fu rescisso il legame con l'origine franca dello Stato e prevalse in quei
territori l'elemento etnico e culturale germanico su quello franco. La casata di
Sassonia, tuttavia, non rinunciò alle istanze universali ed espansioniste
che erano state proprie dell'Impero carolingio: lo dimostrò Ottone I
(V.) quando, nel 936, si fece incoronare re in
Aquisgrana, l'antica capitale di Carlo Magno, e si proclamò erede tanto
del suo Impero quanto di quello romano. Attraverso due successive discese nella
penisola italiana, Ottone colse l'obiettivo di ricongiungerne stabilmente la
Corona a quella germanica, nonché al titolo imperiale. Nel 951, sposando
a Pavia Adelaide vedova di Lotario, si proclamò re dei Longobardi e dei
Franchi, affidando poi allo sconfitto Berengario i territori italici in
vassallaggio; nel 962, sollecitato dal pontefice Giovanni XII, Ottone mosse
contro lo stesso Berengario, che aveva infranto il giuramento di fedeltà,
e ricevette l'investitura a imperatore dal papa. I rapporti di forza allora
intercorrenti tra Papato e Impero ci sono illustrati dal documento detto
Privilegium Othonis (962); esso confermava, da un lato, le donazioni allo
Stato della Chiesa già volute da Carlo Magno, legittimando anche il
potere temporale pontificio su quei territori, ma dall'altro imponeva il vincolo
della ratifica imperiale all'elezione dei pontefici, subordinando in tal modo
all'istituzione laica non solo l'autorità temporale del Papato ma anche
quella spirituale. Una Chiesa sottoposta all'Impero era tanto più
necessaria alla politica ottoniana in quanto essa si valeva ormai
strutturalmente delle figure dei vescovi palatini (o vescovi-conti), che
offrivano maggiore garanzia all'imperatore rispetto alla nobiltà laica,
non fosse altro per la loro impossibilità a trasmettere in eredità
i feudi. La compagine imperiale così restaurata risultò assai
differente dal modello carolingio, sia per la minore estensione territoriale,
sia per la collocazione del suo baricentro politico nel Regno di Germania e la
sostanziale riduzione dell'Italia a un'appendice di quello, sia infine per la
netta subordinazione al suo interno dell'autorità ecclesiastica a quella
dell'imperatore. Ottone II (V.), re e imperatore,
ereditò oltre ai titoli le istanze paterne di un'ulteriore espansione
verso Est (consolidamento dei rapporti di vassallaggio con Polonia, Boemia,
Ungheria e popoli slavi in genere) e verso il Meridione d'Italia, dominio
bizantino. Il suo matrimonio con la principessa bizantina Teofano era stato
ideato a tale scopo, ma non sortì risultati significativi mentre, al
contrario, l'azione imperiale verso Sud fu gravemente compromessa dalla
sconfitta subita a Stilo (982) a opera dei Saraceni. Ottone III
(V.) fu il vero artefice della cosiddetta
renovatio imperii (V.), secondo gli
insegnamenti del suo maestro e direttore spirituale, l'abate Gerberto
d'Aurillac. Secondo tale progetto politico culturale, la vocazione universale
dell'Impero doveva realizzarsi nel trasferimento della sua capitale e del suo
cuore politico in Roma, primo passo verso una progressiva sottrazione di
centralità all'elemento germanico, che avrebbe dovuto essere
ridimensionato fino alla condizione di pari dignità con quello italico,
slavo, polacco, ecc. L'imperatore, concepito nella sua funzione ecumenica e
sacrale, in tale contesto avrebbe dovuto essere affiancato dal papa, guida
spirituale della cristianità. Dopo violenti scontri con le fazioni
romane, il giovane imperatore riuscì a imporre sul trono pontificio il
primo papa tedesco, Gregorio V, e poi lo stesso Gerberto che,
significativamente, prese il nome di Silvestro II, in memoria di Silvestro I che
era stato collaboratore e ispiratore di Costantino. Il disegno della
renovatio, tuttavia, non ebbe accoglienza favorevole né in
Germania, che vedeva insidiato il proprio ruolo-guida all'interno dell'Impero,
sia nella stessa Roma, dove l'aristocrazia e la feudalità ecclesiastica
temevano di perdere potere politico e capacità di influenza sui
pontefici; esso dunque fallì. Alla morte di Ottone l'Impero sopravvisse
come una compagine germanica, sempre costretta a ristabilire il proprio
controllo politico e militare sulla penisola italiana e sullo Stato pontificio.
Il nuovo imperatore Enrico II (1002-1024), infatti, dovette contendere la Corona
italica ad Arduino, marchese d'Ivrea, e altrettanto dovette fare Corrado II
(primo imperatore della casata di Franconia, 1027-1039). Questi, che si
appoggiò più alla piccola nobiltà che alla grande
aristocrazia, favorì i suoi sostenitori emanando la
Constitutio de
feudis, che stabiliva il diritto di trasmissione ereditaria per i feudi
minori; inoltre assicurò l'Impero sul fronte slavo e polacco e
acquisì a esso il Regno di Borgogna. Enrico III (1039-1056) volle
esercitare sulla Chiesa di Roma un controllo più efficace e sistematico
rispetto agli interventi occasionali dei suoi predecessori; in questo senso non
esitò a deporre un papa considerato indegno (Benedetto IX) e a imporre
l'elezione di ben quattro pontefici, tutti prelati tedeschi. Ciò non
impedì l'acuirsi, anche per effetto del movimento della riforma
cluniacense (V. CLUNIACENSE, RIFORMA), dei
contrasti tra Impero e Papato in merito alle investiture vescovili. La lotta per
le investiture scoppiò nel 1075 tra Enrico IV
(V.) e papa Gregorio VII
(V.) e trovò una parziale soluzione solo
nel 1122 con il Concordato di Worms, sottoscritto dall'imperatore Enrico V e
papa Callisto II, che sancì di fatto l'indipendenza delle investiture
ecclesiastiche dal dettato imperiale. Benché la lotta con il papa avesse
indebolito il potere dell'imperatore sia in Italia sia in Germania, essa ne
aveva anche rinverdito le radici romane e cristiane. Con l'ascesa della casa di
Svevia (V. HOHENSTAUFEN), infatti, la cancelleria
imperiale elaborò il concetto e la definizione dell'Impero come
“sacro” (V. SOPRA) e nel medesimo
periodo riscoprì il diritto romano, nella sua redazione giustinianea,
ponendolo a base e giustificazione della propria aspirazione universale e delle
leggi emanate dagli imperatori (anch'esse considerate sacre). In tal modo, a
partire da Federico I detto Barbarossa, i sovrani si adoperarono a ristabilire
un saldo controllo e una duratura coesione all'interno del Regno di Germania che
avrebbe poi costituito una solida base per riaffermare anche in Italia le
prerogative imperiali e per acquisire una certa superiorità nei confronti
degli altri sovrani europei (che il Barbarossa definiva con disprezzo i
reguli provinciarum). Tale programma di restaurazione imperiale fu assai
inviso sia ai pontefici (che perseguivano l'impostazione teocratica di Gregorio
VII) sia ai Comuni, che si erano ormai guadagnati spazi di ampia autonomia. Poco
sostenuto nella lotta dalla grande feudalità tedesca, il Barbarossa
dovette riconoscere le libertà comunali e rinunciare al diritto imperiale
di confermare i nuovi pontefici, come sancito nella Pace di Costanza del 1183.
L'obiettivo di un rigido ripristino del controllo imperiale sull'Italia fu
perseguito dal figlio di Federico, Enrico VI, incoronato re di Germania e
imperatore nel 1191; la sua posizione era tanto più forte in quanto,
grazie al suo matrimonio con Costanza di Altavilla, nel 1194 ereditò suo
tramite la Corona normanna di Sicilia. La sua azione si volse dunque non solo a
mantenere il controllo dell'Europa continentale, ma ad acquistare influenza nel
bacino mediterraneo, segnatamente verso la penisola iberica e l'Africa
settentrionale. La morte di Enrico, giunta assai precocemente nel 1197,
impedì ulteriori sviluppi alla sua opera e lasciò il suo erede,
ancora bambino, sotto la tutela della madre prima e di papa Innocenzo III
(V.) poi. Federico II
(V.) fu l'ultimo grande imperatore della casa di
Svevia: re di Sicilia già nel 1197, ottenne il titolo imperiale nel 1212,
grazie all'appoggio del papa contro il rivale Ottone di Brunswick; tuttavia
venne incoronato solo nel 1220 da papa Onorio III, che gli concesse di mantenere
anche la Corona di Sicilia, purché l'unione dei tre Regni (Germania,
Italia e Sicilia) non fosse trasmessa agli eredi. Da quel momento Federico si
dedicò al consolidamento del suo Impero, con particolare riguardo al
Meridione, ma la sua opera fu costantemente vanificata dall'opposizione sia dei
vari pontefici, sia dei Comuni italiani, sia dei feudatari tedeschi. Dopo la sua
morte, e quella del figlio Corrado IV, la casa di Svevia perse il titolo
imperiale che, peraltro, non venne assegnato per circa vent'anni: questo
periodo, detto anche “grande interregno”, segnò la crisi
definitiva dell'idea stessa di Impero universale e gli imperatori eletti a
cavallo dei secc. XIII e XIV (Rodolfo I e Alberto I della casa di Asburgo) non
furono in grado di ripristinarla. Mentre agli inizi del Trecento Bonifacio VIII
affermava l'assoluta superiorità del potere spirituale della Chiesa su
qualunque autorità laica, le Monarchie nazionali rifiutavano di concedere
una preminenza anche solo teorica alla Corona imperiale (
imperator est rex in
territorio suo) e gli stessi principi tedeschi con diritto di eleggere
l'imperatore (un ristretto numero tra i detentori dei maggiori feudi laici ed
ecclesiastici) evitavano di eleggere figure di grande rilievo e capacità,
a salvaguardia della loro autonomia. ║
La struttura federale tedesca e
il declino del S.R.I. (
1308-1806): dopo un effimero tentativo di
restaurazione da parte di Enrico VII di Lussemburgo (1308-13), la cui discesa in
Italia suscitò le grandi speranze espresse da Dante nel suo
De
Monarchia, la corona tedesca e imperiale passò a Ludovico il Bavaro
(1313-47). Suoi consiglieri politici furono i più autorevoli interpreti
della cerchia di filosofi averroisti, Marsilio da Padova
(V.) e Giovanni di Jandun
(V.), che nella loro opera
Defensor pacis
(V.) affermarono l'indipendenza del trono
imperiale dal Papato, affermando che il carattere divino di tale potere era
conferito direttamente da Dio senza alcuna necessità dell'approvazione
del pontefice e della Chiesa; anche la Dieta di Rhens (1338) proclamò che
la guida dell'Impero era assegnata da Dio e non dal pontefice. Con Carlo IV
(V.), sovrano dal 1347 al 1378, la laicità
della Corona imperiale prevalse sul suo passato carattere ecumenico: con lui
l'Impero si ridusse di fatto al Regno di Germania, con potere sempre più
meramente nominale sull'Italia (in cui si affermavano le Signorie, i principati
e le alterne alleanze pontificie), e il suo baricentro fu dislocato con maggior
nettezza verso l'Europa centro-orientale (Boemia e Ungheria). La
Bolla
d'oro (1356) regolò l'elezione dell'imperatore affidandola a soli
sette elettori (arcivescovi di Magonza, Colonia e Treviri, re di Boemia, duchi
di Brandeburgo e Sassonia, conte del Palatinato), i cui territori non potevano
più essere divisi tra gli eredi per non moltiplicare i voti: al papa
restava solo il diritto formale (senza potere di veto) di riconoscere
l'elezione. Di fatto l'imperatore diventava un monarca tedesco, a capo di una
federazione di Stati. Durante il XV sec., tuttavia, la carica assunse,
ufficiosamente, carattere dinastico, legandosi alle fortune della casa di
Asburgo (V.), cui appartenne l'ultimo imperatore
incoronato dal papa a Roma (Federico III, 1452) e l'ultimo a essere incoronato
da un pontefice (Carlo V, 1530). Sotto Carlo V
(V.), per un assommarsi di condizioni politiche e
di eredità territoriali, venne a costituirsi un Impero che, per
dimensioni e plurinazionalità (comprendeva infatti Spagna, Paesi Bassi,
principati tedeschi e austriaci, Borgogna, Italia e Boemia, oltre alle colonie
nel cosiddetto Nuovo Mondo), pareva in grado di resuscitare le istanze
universaliste del
S.R.I. Tuttavia, l'affermarsi della Riforma
(V.) comportò uno sconvolgimento non solo
confessionale ma anche politico: essa infrangeva l'unità religiosa che
della dimensione ecumenica del
S.R.I. era presupposto irrinunciabile. Con
la Pace di Augusta del 1555, lo stesso Carlo V spezzò anche
l'unità politica del suo Impero, scindendolo in due monarchie asburgiche
ereditarie ma non riunificabili, quella spagnola e quella austro-ungarica (cui
restava annesso il titolo imperiale), mentre ai territori dei principi riformati
veniva applicata la regola del
cuius regio eius religio. L'Impero si
configurò, di fatto, come una federazione di principati e città
autonomi cui la Pace di Vestfalia (1648), che concluse la guerra dei Trent'anni,
accordò una sovranità quasi completa, appena dissimulata dalla
preminenza puramente formale dell'Austria asburgica. La sopravvivenza del
titolo, ormai vuoto di sostanza, di
S.R.I. terminò solo con le
guerre napoleoniche quando il generale francese dichiarò un proprio
Impero e raccolse sotto la protezione francese la neonata Confederazione renana
(costituita nel 1805 da Baviera, Württemberg, Baden e altri principati
minori che abbandonarono l'Austria). Francesco d'Asburgo Lorena rinunciò
all'antico titolo e assunse quello, più aderente al vero, di imperatore
d'Austria.
Il territorio del Sacro Romano Impero all'epoca di Carlo Magno
Carlo Magno in un antico dipinto
IMPERATORI DEL SACRO ROMANO IMPERO
|
Carolingi:
Carlo Magno Ludovico I
Pio Lotario Ludovico II Germanico Carlo II il Calvo Carlo III il
Grosso
|
800 - 814 814 - 840 840 - 843 855 - 875 875 -
877 881 - 887
|
Di altre case:
Guido di Spoleto Lamberto di
Spoleto Arnolfo di Carinzia Ludovico III di Provenza Berengario
I Rodolfo di Borgogna Ugo di provenza Lotario II di
provenza Berengario II marchese d'Ivrea
|
891 - 894 892 - 896 896 - 898 901 - 905 915 -
924 924 - 926 926 - 947 947 - 950 950 - 961
|
Sassonia:
Ottone I Ottone II Ottone III Enrico
II
|
962 - 973 973 - 983 983 - 1002 1002 - 1024
|
Franconia:
Corrado II il Salico Enrico III Enrico
IV Enrico V
|
1027 - 1039 1039 - 1056 1056 - 1106 1111 - 1025
|
Hohenstaufen:
Corrado III Federico I Barbarossa Enrico
VI Ottone IV Federico II
|
1137 - 1142 1155 - 1190 1191 - 1197 1209 - 1218 1220 -
1250
|
Asburgo:
Rodolfo I Alberto I
|
1273 - 1291 1298 - 1308
|
Lussemburgo:
Enrico VII Ludovico il Bavaro Carlo
IV Venceslao Ruperto Sigismondo
|
1308 - 1313 1313 - 1347 1347 - 1378 1378 - 1400 1400 -
1410 1410 - 1437
|
Asburgo:
Alberto II Federico III Massimiliano
I Carlo V Ferdinando I Massimiliano II Rodolfo
II Mattia Ferdinando II Ferdinando III Leopoldo I Giuseppe
I Carlo IV
|
1438 - 1439 1440 - 1493 1493 - 1519 1520 - 1556 1556 -
1564 1564 - 1576 1576 - 1612 1612 - 1619 1619 - 1637 1637 -
1657 1658 - 1705 1705 - 1711 1711 - 1740
|
Wittelsbach:
Carlo VII
|
1742 - 1745
|
Asburgo:
Francesco I Giuseppe II Leopoldo
II Francesco II (nel 1806 depone il titolo di Imperatore del Sacro Romano
Impero)
|
1745 - 1763 1765 - 1790 1790 - 1792 1792 - 1806
|